Lettera di Gianni Sandon di fronte alla cieca ostinazione, da parte degli amministratori locali, nel portare avanti il progetto dell’ascensore scavato nel cuore della Rocca di Monselice.
Di fronte a questa cocciuta insistenza, in particolare degli amministratori, verrebbe proprio voglia di dire: ma fatevelo questo ascensore! Potremmo così effettivamente verificare quali magici effetti avrà su turismo e commercio.
Fa rabbia però vedere quanta miopia e quanta superficialità stiano alla base delle argomentazioni di chi continua a volerlo. Citare la sfilza di luoghi dove è in funzione qualche ascensore o mezzo meccanico di risalita serve solo a dimostrare la distorta impostazione che si ha in testa. Si trascura pressoché sempre un dettaglio: sono tutti, ma proprio tutti (Bellinzona, Salisburgo… ma anche Cison di Valmarino o Belluno, ecc.) impianti che servono a portare cittadini e turisti da un defilato punto di partenza a un punto di arrivo che costituisce il centro dell’interesse turistico o di attività collettive. E quasi sempre per sostituire un invadente traffico automobilistico.
Chi si sente di sostenere che questa impostazione è valida anche per la Rocca? Quale è il vero interesse di questo colle? La sua sommità? O non è invece la straordinaria ricchezza di suggestioni storiche-architettoniche-naturalistiche-panoramiche distribuite uniformemente lungo tutto il percorso che dal centro storico porta al mastio?
Ma quanto distorta è la strategia che punta a scaricare vagonate di visitatori sotto al mastio come fosse la vera attrazione inducendo così di fatto a trascurare tutto il resto? Ma è così che si valorizza l’impareggiabile patrimonio della Rocca? Nascondendolo e banalizzandolo? Ma cosa impedisce di privilegiare, oltretutto a costi infinitamente più contenuti, il vero richiamo del colle, che è questo autentico “miglio d’oro”, che dal piano porta alla cima?
Amministratori che ostinatamente continuano questa battaglia di retroguardia culturale sembrano proprio dar ragione a quanto sosteneva già negli anni 30 del secolo scorso quel grande, colto amante dei Colli che è stato il Callegari. In fondo, scriveva descrivendo proprio la Rocca, se anche questo colle dovesse improvvisamente sparire, molti monselicensi direbbero: “ Benon, un intrigo de manco!”. Lui aveva allora sotto gli occhi il selvaggio assalto al colle da parte delle cave. Ma la situazione si ripeterà negli anni ’60 con l’altrettanto brutale assalto al monte Ricco, fermato non dagli amministratori locali (né dai commercianti!) ma da un battagliero movimento di opinione pubblica prevalentemente esterno al paese.
E situazione in sostanza analoga si è verificata di recente con le cementerie.
Non è bastato, ci risiamo! Hanno, gli amministratori di Monselice, un tesoro che attende solo una “normale”, coerente promozione. Neanche il Giubileo diventa l’occasione per un ripensamento di fondo; il costoso, frivolo giocattolo loro lo vogliono, e poco importa se il rischio è quello di umiliare il colle, ma anche di disorientare, se non di “imbrogliare” i turisti. Tanto è nella loro tradizione che si ritrovino sempre dalla parte di chi ai veri interessi di Monselice arriva in ritardo.
Gianni Sandon