Licenziate e ora criminalizzate: vergognose manovre sulla vertenza Nek

Sulla lotta delle lavoratrici e dei lavoratori della Nek di Monselice è in atto un’opera di mistificazione e criminalizzazione senza precedenti. Eppure i margini per ricomporre la situazione ci sono e passano attraverso risposte concrete ai licenziati.

I FATTI

Il 7 dicembre i lavoratori dichiarano lo sciopero per l’ennesima decurtazione di 100 € sulle già striminzite buste paga. La notte successiva un sabotaggio sapientemente organizzato mette fuori uso i nastri trasportatori. Dopo qualche giorno il Presidente della cooperativa pretende di entrare nello stabilimento con altri soci, senza alcun controllo. Le lavoratrici in picchetto, alle quali velatamente veniva attribuita la responsabilità dell’accaduto, pretendono che ci sia la presenza dei Carabinieri ed un sopralluogo comune. Si fa il sopralluogo in questo modo, ma il Presidente comunque presenta una denuncia per 24 lavoratrici per violenza privata.

Il 22 dicembre il Sindaco di Monselice convoca un incontro tra le parti per affrontare la vertenza, ma proprio in quella sede, alla presenza dell’Ass. Bedin, il presidente della Cooperativa comunica il licenziamento di fatto di 24 (poi lievitati a 26) lavoratori e lavoratrici.

Solo dopo questo drastico provvedimento si arriva al blocco del cantiere, deciso dall’assemblea dei lavoratori. Da questo momento il Sindaco (nemmeno presente al primo incontro) e l’amministrazione comunale scompaiono dalla scena.

Il periodo natalizio registra la prosecuzione del blocco, forti momenti di tensione ma anche molti appuntamenti di solidarietà nei giorni di Natale e capodanno che vedono protagonisti parlamentari, amministratori, associazioni, lavoratori di altri stabilimenti, semplici cittadini.

Il 4 gennaio, in Prefettura, si sottoscrive un “verbale di incontro” dove le parti aziendali e sindacali avanzano le loro proposte di risoluzione. L’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori respinge l’idea della Cooperativa di non ritirare i licenziamenti e di assumere un generico impegno di riassunzione “per la maggior parte” dei lavoratori, senza la disponibilità di concordarne numero e tempi.

LA LETTURA

Nonostante gli approcci informali e la disponibilità a discutere un esodo adeguatamente incentivato, ma su base volontaria, le posizioni della cooperativa rimangono ferme nel voler riconfermare i licenziamenti e, di fatto, discriminare la riassunzione sulla base della tessera sindacale. Appare infatti del tutto evidente che l’obiettivo della cooperativa sia quello di espellere dal cantiere gli aderenti ad ADL-Cobas e gli altri lavoratori che hanno partecipato alla lotta.

In pratica non si offre nessuna mediazione accettabile. Eppure, in tutto questo, la cooperativa trova come sponda l’operatore della CGIL e il Sindaco di Monselice. E i fatti realmente accaduti vengono volutamente falsati. Chi lotta per difendere il proprio posto di lavoro, chi si batte contro la discriminazione e lo strapotere della Cooperativa, passa da vittima del sopruso a responsabile di quanto sta accedendo. L’atteggiamento della Cooperativa è comprensibile ed è legato ad un interesse economico chiaro, l’opportunismo dell’operatore CGIL risulta evidente e altrettanto chiaro, quello che risulta inaccettabile è il ruolo del Sindaco, che invece di operare per ricomporre la vertenza, entra a gamba tesa contro i licenziati e il sindacato che li sostiene.

Questo appoggio incondizionato alla Cooperativa, che peraltro è di fatto proprietaria anche dello stabilimento, fa seguito all’incredibile tolleranza e accondiscendenza che l’amministrazione Lunghi in questi anni ha fatto registrare sui problemi ambientali prodotti da questa attività e debitamente denunciati da più parti.

Le parole del Sindaco suonano come offensive e sprezzanti nei confronti delle lavoratrici, che a suo avviso non sono consapevoli della situazione che si è creata, non decidono liberamente, ma sarebbero condizionate dall’ADL-Cobas o altri cattivi consiglieri.

I margini per ricomporre la situazione ci sono e passano attraverso risposte concrete ai licenziati. Se il Sindaco Lunghi, invece di pontificare e aggredire chi ha perso il posto di lavoro, utilizzasse il suo ruolo per ricondurre a miti consigli la Cooperativa, un accordo sarebbe a portata di mano. Ma pretendere questo da Lunghi forse è troppo, lui è abituato ad usare strumentalmente i lavoratori fingendosi loro paladino, ma di fatto è sempre dalla parte aziendale come dimostrano questo caso e le altre vertenze di questi anni.

Da parte nostra, riaffermiamo il nostro sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori licenziati e facciamo appello a tutto il Consiglio Comunale affinché si adoperi per la ricerca di una soluzione condivisa, rispettosa della dignità e dei diritti dei lavoratori.

Christianne Bergamin, Francesco Miazzi, Franco Tasinato (Nuova Monselice)

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