C’era una volta il Parco Colli

Tra gli obiettivi specifici, dichiarati dall’Ente Parco per ottenere il riconoscimento MaB Unesco, c’è anche quello “di tutelare organismi edilizi e conglomerati (sic!) urbani e rurali significativi per l’identità culturale e paesaggistica dei luoghi e delle comunità residenti, nel rispetto delle peculiarità tipologiche, formali e materiali originarie”.

Proprio nei giorni in cui erano in corso i fasti per il “meritato” riconoscimento, in un prezioso angolo dei Colli, alle pendici del monte Cero, si stavano concludendo – con buona pace di chi si lamenta che all’interno del parco “non è permesso nemmeno aprire una finestra” –  i lavori di questa imponente opera, una villa con piscina di circa 1.200 metri cubi:

L’intervento si qualifica, dal punto di vista del titolo edilizio, quale recupero con ampliamento di questo rustico di180 metri cubi, distante circa 150 metri:

L’area dell’intervento, sulle pendici del m. Cero, è sottoposta a vincolo paesaggistico dal 1966, è all’interno del Parco Colli ed è classificata dal suo PA (Piano Ambientale) come area di paesaggio agrario di specifico interesse. Ma è anche Zona Speciale di Conservazione inserita nella Rete Natura 2000 e naturalmente ora fa ora parte della Riserva MAB Unesco.

Le norme del PA prescrivono che “le caratteristiche tipologiche dell’edificio debbono essere in armonia con le forme tradizionali dell’edilizia rurale...” (art. 25, c.2). E ancora: “I materiali e i caratteri tipologici e costruttivi devono essere adeguati alle preesistenze tradizionali limitrofe, con particolare riguardo alle pendenze, agli sporti e all’articolazione delle falde dei tetti, all’utilizzo dei materiali di facciata e di copertura, che devono risultare omogenei e con esclusione di rivestimenti ceramici, in legno o materiali lapidei estranei alle tradizioni locali nonché di trattamenti o colori che facciano emergere l’edificio dal contesto” (art. 25, c.4)

E dunque come è possibile, sulla base di queste regole, che si sia arrivati a realizzare un simile intervento?

Chi avrà pazienza, pur rischiando di perdere la bussola tra i meandri della normativa e dei passaggi amministrativi, potrà leggere la ricostruzione della vicenda nel documento allegato.

Ci limitiamo, qui, a sottolineare che tutta la vicenda, partita nel 2017 e conclusasi quest’anno, è stata condotta senza che la Soprintendenza abbia mai espresso alcun esplicito parere. La valutazione paesaggistica è stata compiuta interamente dal Parco.

Ma come giudicare, adesso che si sono visti gli esiti concreti di questa autorizzazione, un parere così sfacciatamente positivo di chi comunque reggeva il Parco? E che ruolo ha avuto l’Ufficio tecnico dell’Ente con la sua istruttoria?

E ci sono ulteriori risvolti che caricano la vicenda di un pesante significato politico e che fanno temere che essa sia indice di una involuzione verso un deleterio lassismo.

Già è emblematico il fatto che il protagonista diretto della vicenda, in qualità di progettista (così abile a muoversi nella selva delle leggi sempre a favore di chi costruisce), sia il sindaco di un comune dei Colli, quello di Lozzo A., l’arch. Ruffin.

Ma ancor più denso di segnali negativi ci sembra il fatto che questo sindaco/progettista  sia stato nominato dal Presidente della Giunta regionale il 24.9.2024 come componente del Consiglio Direttivo del Parco, e gli si sia addirittura assegnata la delega all’Urbanistica e alla Trasparenza amministrativa.

E che dire del fatto che lo stesso commissario Specchio, all’epoca estensore del decreto di autorizzazione (motivato dal fatto “che quanto proposto non risulta in contrasto con le norme di tutela del territorio né risulta alterare in maniera significativa lo stato dei luoghi sottoposti a tutela “), sia stato poi scelto il 15.3.2021 dalla Regione come “esperto” da nominare nella Comunità del Parco?

Due ulteriori appendici a rendere la situazione ancora più allarmante.

Di fronte ad una articolata interpellanza presentata il 7 luglio scorso dai 2 rappresentanti delle Associazioni ambientaliste nella Comunità del Parco, pur messa all’odg della assemblea del 19 settembre, con imbarazzanti pretesti si è deciso di rinviare la risposta a una indeterminata prossima riunione della Comunità ben sapendo che passeranno così molti mesi e che nel frattempo, tra l’altro, a seguito delle ormai prossime elezioni regionali anche il Parco, in attesa dei nuovi organi di gestione, entrerà nella fase di gestione ordinaria. Una mancanza di responsabilità che, oltre alla preoccupazione, non può non alimentare dubbi e sospetti.

Ma non ci sentiamo di passar sopra a un altro inquietante segnale che si aggiunge ai tanti altri. Pur informati della vicenda ben poco rilievo le è stato riservato dagli organi di stampa locali. Da segnalare il caso limite del Mattino che pur direttamente più volte sollecitato, non ha ritenuto di dedicare una sola riga. Inevitabile chiedersi il perché.

Sono tutte nuvole che offuscano il panorama sul futuro del Parco. Solo una reazione di chi ha a cuore le sorti dell’Ente può cambiare questo panorama.

Este, 8 ottobre 2025

Coordinamento Associazioni Ambientaliste Parco dei Colli Euganei

INTERPELLANZA AL PRESIDENTE DEL PARCO


Oggetto: Intervento edilizio a Calaone: operazione da premiare?

La relazione allegata documenta, almeno a grandi linee, l’operazione che ha condotto a Calaone alla trasformazione di un rustico fatiscente, e a tutt’oggi rimasto tale, in un edificio staccato a circa 200 m di distanza, una decina di volte più voluminoso e con tanto di piscina, del tutto estraneo alla tipologia locale, in un’area che il PA classifica di “paesaggio agrario”.
Una operazione per la quale non si possono certo accampare motivazioni legate a qualche forma di presunta “necessità”. E che in ogni caso si presta ad essere vista come un pericoloso precedente per altri casi simili, orientando così gli interventi all’interno del Parco in una direzione economicamente e culturalmente consumistica.
Sorprende e preoccupa, stante queste prospettive, non aver trovato nei vari passaggi di tutta questa intricata vicenda la minima attenzione su questi aspetti, importanti oltretutto anche per assicurare un trattamento equo e uniforme nei confronti dei cittadini del Parco. Basterebbe, a tal proposito, confrontare il caso in questione con quello di cui alla sentenza allegata alla cronistoria. Un confronto che non crediamo abbia bisogno di commenti.
Fatte queste premesse

Chiediamo

innanzitutto se il Presidente condivide queste nostre preoccupazioni e non ritenga di riesaminare criticamente il caso anche per gli aspetti ancor aperti (v. ristrutturazione del rustico) ma anche per individuare quei passaggi che hanno contribuito in modo discutile al risultato contestato, prendendo di conseguenza le eventuali misure di riparazione.
Ma in questa vicenda ci sono almeno altri due aspetti che non mettono certo in buona luce l’operato soprattutto del Parco. Ci riferiamo, primo aspetto, al fatto che il principale protagonista della discutibile operazione, nella funzione di progettista dell’intervento, sia il sindaco di un comune dei Colli, precisamente l’arch. Ruffin sindaco del comune di Lozzo.
Certo lo svolgimento dell’operazione mette in evidenza il panorama sconfortante di tutta una serie di norme soprattutto, ma non solo, regionali a dir poco farraginose, contraddittorie, orientate più a favorire affari e speculazioni, che non a soddisfare reali necessità. Ma che questa situazione venga sistematicamente sfruttata da un sindaco del Parco, non può che indurre a preoccupate riflessioni. A riprova di questo atteggiamento, più attento a condurre in porto una operazione così marcatamente “speculativa” piuttosto che a ricercare le possibili misure per contenerla, citiamo solo un fatto che emerge chiaramente dalla vicenda e che non può non essere notato: ci riferiamo a quello che abbiamo fondati motivi per ritenere un vero e proprio “aggiramento” della Soprintendenza che certo in un caso del genere non poteva non essere chiamata, nella sostanza e non tanto formalmente, ad un ruolo attivo in difesa del territorio.
Ma tutto questo assume un significato ancora più critico se si aggiunge il fatto che questo comportamento, così discutibile se non altro in rapporto alle finalità del Parco, sia stato “premiato” con la recente nomina del suddetto sindaco a componente del C.D. proprio del Parco, con la delega addirittura all’Urbanistica e alla Trasparenza amministrativa.

Chiediamo

se non sia il caso, sia pure in ritardo, di ripensare a questo incarico, dal valore così strategico, attribuendolo a qualche altro protagonista più in sintonia nei comportamenti con lo spirito del Parco.
Inutile che sottolineiamo che queste note le diffondiamo non tanto per alimentare polemiche fine a se stesse o per questioni personali, ma per porre in evidenza il problema di garantire il buon nome e la coerenza che dovrebbero caratterizzare i comportamenti di chi rappresenta il Parco specialmente oggi anche alla luce del tanto enfatizzato riconoscimento dei Colli come riserva Mab Unesco.
Da parte nostra non mancheremo, se necessario, di scendere in ulteriori dettagli per far conoscere il più ampiamente possibile come sia stata gestita tutta questa sconcertante operazione.

Monselice, 7 luglio 2025

Christianne Bergamin Maurizio Fassanelli


Allegati

OPERAZIONE DA PREMIARE?

Con questa ricostruzione cercheremo di raccontare, nei limiti imposti dalla difficoltà di affrontare un groviglio pressoché inestricabile di normative e di passaggi amministrativi, la vicenda al termine della quale sarà realizzato, quale “ampliamento prima casa”, il complesso di cui alla foto 2 , una costruzione di oltre 1200 mc con tanto di piscina. In un’area classificata dal Piano Ambientale del Parco come zona di promozione agricola con vincolo di paesaggio agrario.
Pur attenendoci con scrupolosa attenzione a fatti e documenti, il terreno così infido in cui questi fatti si svolgono può averci indotti ad errori e/o travisamenti. Ben disposti pertanto ad accogliere correzioni, precisazioni così come critiche e/o suggerimenti.

Prima istanza: “demolizione e ricostruzione”

Il 28/10/2016, Renato Rizzo, tramite il tecnico Arch. Luca Ruffin, presenta al Parco la domanda intesa ad ottenere autorizzazione paesaggistica e parere ambientale per “Lavori di DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE DI FABBRICATO RESIDENZIALE
Il “fabbricato residenziale” è quello della foto 1: un fatiscente fabbricato rurale a Calaone, abbandonato da decenni, di 180 mc, classificato solo al catasto terreni come fabbricato rurale e per il quale il PRG del comune di Baone prevede la demolizione.
L’ Istruttoria tecnica del Parco, riporta asetticamente che: “La proposta progettuale ha forme non tradizionali e presenta sul retro ampie vetrate rivolte alla piscina, mentre al fronte strada, rivolto a nord-est, sono riservati volumi più compatti […] La sistemazione esterna è semplice e regolare”.
La Commissione Tecnica, dopo un primo parere sospensivo con il quale chiede modifiche e integrazioni del progetto, si esprime – nella seduta del 22/12/2016 – favorevolmente, senza aggiungere alcuna nota.
Il 27/12/2016 viene trasmessa alla Soprintendenza “l’istanza completa di Relazione Tecnica illustrativa e di proposta di accoglimento da parte Ente Parco”, per il quale: “valutato sia il contesto dell’opera che il suo inserimento nell’ambito vincolato e considerato che quanto proposto non risulta in contrasto con le norme di tutela del territorio né risulta alterare in maniera significativa lo stato dei luoghi sottoposti a tutela, si ritiene l’intervento ammissibile”.
La Soprintendenza non risponde entro i 45 giorni previsti: scatta così il “silenzio assenso”.
D’obbligo sottolineare la assoluta perplessità di fronte alle affermazioni del Parco sul mancato contrasto del progetto con le norme di tutela previste dal Piano Ambientale.
Riportiamo in calce al presente documento le principali di tali norme precisando, altro aspetto di rilevante importanza in tutta la vicenda, che praticamente tali norme sono riportate tali e quali anche nel PRG/PI del comune di Baone.
Non sarà forse casuale (non si può non pensarlo) se in tutto il lungo prosieguo della vicenda la Soprintendenza, non sarà più coinvolta, anche se – come si vedrà – non sarebbero mancati passaggi che lo avrebbero richiesto.
E così il 1/3/2017 il Commissario Straordinario del Parco* Enrico Specchio, tramite proprio decreto, autorizza i LAVORI DI DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE DI FABBRICATO RESIDENZIALE.

Dal maggio 2016 all’ottobre 2019 il Parco per decisione della Regione risulta commissariato
Il 14/06/2017, ottenuta l’autorizzazione paesaggistica, il progettista Ruffin presenta, per conto di Renato Rizzo, la Prima SCIA alternativa al Permesso di Costruire per “DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE CON AMPLIAMENTO DI UN FABBRICATO RESIDENZIALE ADIBITO A PRIMA CASA, ai sensi LR
14/2009 art.3, c.3 , LR 32/2013 art.2, 3 bis, 3 quater, LR 11/2004 art. 44 c. 5, LR 18/2006 art. 1 punto b”.
Ma subito dopo, il 20/07/2017, il progettista chiede la sospensione della pratica.
Per quale ragione? Perché (è una delle possibili ipotesi) ci si accorge che l’enorme fabbricato che, con i suoi volumi, aveva già miracolosamente ottenuto l’autorizzazione paesaggistica non avrebbe potuto essere legittimato dal punto di vista edilizio attraverso l’art. 3.
In area agricola, come è il nostro caso, le premialità di cubatura previste dall’art. 2 (ampliamento) sono di gran lunga più generose rispetto a quelle dell’art. 3 (rinnovamento del patrimonio edilizio esistente), potendo riferirsi non alla reale cubatura dell’edificio di partenza (180 mc, nel nostro caso) bensì al massimo assentibile dalla L.R. 11/2004 (800 mc): e quindi questa era la strada da seguire.
E però, a questo punto, era necessario un requisito, che al momento della presentazione della prima SCIA il titolare, non possiede: la legittimazione dell’immobile esistente (il rudere) quale “edificio residenziale”.
E per questo requisito occorrono due passaggi, che vengono prontamente fatti:

1. l’iscrizione del rudere al Catasto Fabbricati con la classificazione di “edificio di abitazione”, pratica perfezionata il 08/08/2017

2. la cancellazione della prescrizione “fabbricato da demolire” prevista nel piano urbanistico comunale, che si concretizza con la delibera di Consiglio Comunale
n. 24 del 28/09/2017, relativa alla approvazione della prima variante al Piano degli Interventi, con la quale viene accolta la richiesta del proprietario.
Ecco quindi che il 22/09/2017 il progettista scrive al Comune: “Dopo l’incontro chiarificatore avuto in data odierna con il responsabile dell’U.T.C. del comune di Baone, geom. Destro Federico, chiede alla Signoria Vostra la ripresa dell’istruttoria della pratica in oggetto” ) con la precisazione che il nuovo riferimento normativo è all’art. 2 della L.R. 14/2009 e non più all’art. 3.

Seconda istanza: “Ristrutturazione e ampliamento”

Il 30.11.2017 il tecnico del Comune di Baone richiede a Rizzo e Ruffin una integrazione documenti e specifica che l’intervento viene richiesto ai sensi art.2 LR 32/2013 per cui il modello di SCIA in alternativa al permesso di costruire dovrà essere ripresentato ” e fa presente che “ai sensi art.2, c.5bis della LR 32/2013 – Piano casa, dovrà essere dimostrato che vi sarà un contestuale intervento di riqualificazione dell’intero edificio (esistente e ampliamento) che ne porti la prestazione energetica […] alla classe B”.

Tra le integrazioni richieste in particolare vi sono:

  • acquisizione parere compatibilità col Piano Ambientale;
  • accatastamento fabbricato esistente che genera ampliamento e dichiarazione di legittimità dello stesso;
  • chiarimenti riguardo al conteggio dei volumi in quanto risultano discordanti.

Tutto resta fermo per quasi due anni. Nel frattempo, il 31/03/2019 scade il Piano Casa Veneto (L.R. 14/2009) tranne per “Gli interventi per i quali la segnalazione certificata di inizio lavori e la richiesta del permesso di costruire siano stati presentati, ai sensi della LR 14/2009, entro il 31 marzo 2019”; questi “continuano ad essere disciplinati dalla medesima legge regionale”.

Il 30/04/2019 (a Piano Casa scaduto), il progettista Ruffin scrive al Comune di Baone: “In riferimento richiesta 30.11.2017 si allega:

  • Autorizzazione ambientale del Parco
  • VINCA
  • Accatastamento
  • dichiarazione ai sensi art.2, c.2 della L.R. 32/2013
  • dichiarazione bonus volumetrico art.2, c.5 bis della legge 32/2013”

Non è chiaro quale autorizzazione ambientale del Parco venga presentata dal momento che, come vedremo, quella relativa al mantenimento del rudere viene acquisita solo successivamente.

A tale nota, risponde il 21/05/2019 il Comune di Baone:
Con riferimento alla pratica edilizia 054/2017 [del 16.6.2017], richiamata la richiesta di integrazione documenti dello scrivente ufficio in data 30.11.2017, preso atto della nota a firma arch. Ruffin, pervenuta in data 2.5.2019 di integrazione della documentazione relativa alla pratica in oggetto, si comunica: –

  • […]
  • come già chiesto nella succitata richiesta di integrazione documenti del 30.11.2017, a seguito della suddetta nota pervenuta in data 22.9.2017, a firma arch. Ruffin, in cui si specifica che l’intervento viene richiesto ai sensi art.2 della L.R. 32/2013, si ribadisce che il modello di SCIA in alternativa al permesso di costruire dovrà essere modificato ed adattato alla nuova fattispecie
    … idem per varie altre voci: per es. “dovrà essere dimostrato che vi sarà un contestuale intervento di riqualificazione dell’intero edificio (esistente e ampliamento)” ….
    Il 30/05/2019 il progettista invia al Parco una nota con la quale comunica che il rudere inizialmente previsto in demolizione verrà mantenuto.
    Il Parco, in data 06/06/2019 risponde formalmente al progettista che con riferimento alla richiesta inerente la pratica in oggetto ricevuta in data 30/05/2019 prot. 5523, con la presente si comunica che non sarà possibile procedere alla presa d’atto inerente il fabbricato già previsto in demolizione negli elaborati grafici agli atti. Per il mantenimento in essere dell’edificio e la sua ristrutturazione dovrà essere presentata nuova specifica istanza.

Istanza che, già il giorno precedente, il 05/06/2019, il progettista si premura di inoltrare per ottenere il parere di compatibilità col piano ambientale in relazione al mantenimento del rudere originario.
Lo stesso giorno il tecnico del Parco istruisce la pratica riportando il lapidario parere: “Le opere risultano compatibili col Piano Ambientale
E ancora lo stesso giorno 05/06/2019 (ma perché tutta questa fretta?) il Parco, con decreto del commissario straordinario Stefano Sisto, rilascia il nulla osta. “La richiesta – si legge nel decreto – è volta ad ottenere il parere per il mantenimento e ristrutturazione di un fabbricato previsto in demolizione nella precedente pratica 2016/1007”
Le opere progettate – si legge ancora – non risultano soggette a rilascio di parere Autorizzazione Paesaggistica di cui all’allegato “A” del DPR 13.2.l2017, n. 31, ovvero tra gli interventi non soggetti a preventiva autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 149 del D.Lgs 42/2004”.
Quindi niente autorizzazione paesaggistica perché intervento di lieve entità. Conclusioni che si basano sul discutibile presupposto di considerare l’intervento di ristrutturazione del rustico scisso dal contemporaneo intervento della megavilla con piscina a 200 m di distanza.
Quando invece, poiché con il mantenimento del rudere originario (di cui, ora, i nuovi volumi costituiscono ampliamento) il volume complessivo del progetto aumenta, sarebbe stato necessario approvare una variante con Autorizzazione Paesaggistica semplificata, che sarebbe dovuta passare per il vaglio della Soprintendenza.
Il 21/05/2019 viene presentata la nuova SCIA, ora di “Ristrutturazione e ampliamento con corpo staccato di un fabbricato residenziale adibito a prima casa”, ai sensi della LR 14/2009 art.2 (nel frattempo scaduto! Ma sul documento viene lasciata la stessa data della prima SCIA: 14/6/2017!).

Inizio dei lavori: quando?

Neanche la data di inizio lavori risulta agevole da determinare.
Certo non attendibile quella del 16/07/2020 che appare nel cartello di cui alla foto 3. Cartello in cui appare anche un particolare riferimento che meriterebbe dei chiarimenti: l’”accesso agli incentivi statali previsti dalla legge 17.7.2020 n.77, superbonus 110 per cento per interventi di efficienza energetica o interventi antisismici”.
Nel cartello di cui alla foto 4 la data precedente viene messa tra parentesi (cosa vorrà dire?) e come nuova appare invece, in un contesto di vistosa confusione, quella del 15/03/2023. Siamo peraltro a circa 4 anni dalla seconda SCIA e dalla abrogazione del Piano casa.
Nel frattempo, il 14/04/2022 viene presentata l’istanza al Parco per una variante progettuale consistente nello stralcio dei volumi interrati precedentemente autorizzati. L’istanza viene inizialmente presentata come Autorizzazione Paesaggistica Semplificata, ma trattata poi come richiesta di parere per Vincolo Idrogeologico.
La variante non rientra in nessuna delle casistiche per le quali il D.P.R. 31/2017 esime dalla autorizzazione paesaggistica (allegato A), eppure viene trattata come tale e autorizzata del dirigente dott. Michele Gallo l’ 11/07/2022.
Ancora una volta viene eluso il passaggio in Soprintendenza. Viene quindi presentata la terza SCIA .

Il processo

A seguito dell’esposto presentato il 16.5.2019 da un privato cittadino, vengono imputati di reati vari il progettista e il proprietario dell’immobile.
Il 15.11.2023 si tiene presso il Tribunale di Rovigo la prima udienza.
Il dibattimento, dopo innumerevoli rinvii, si chiude solo il 3.2.2025, con l’assoluzione degli imputati.  Il PM ne aveva chiesta invece la condanna.
La sentenza presenta in ogni caso vari passaggi (di seguito ne citiamo alcuni) che possono contribuire a confermare la discutibile gestione quantomeno sul piano “politico” di tutta la vicenda, lasciando peraltro aperti non pochi dubbi sulla regolarità della stessa anche sotto altri profili.

Dalla Relazione del consulente della Procura ing. Cipriani

In conclusione si osserva come l’esame dei documenti depositati presso la P.A. ha messo in rilievo un deposito di documentazione per l’edificazione particolarmente confusa e contraddittoria al punto anche da poter confondere o difficilmente comprendere quale fosse il cardine giuridico che avrebbe consentito l’edificazione; sul punto vedasi ad esempio l’integrazione della documentazione SCIA nella quale sul modulo viene fatto riferimento all’art.2 del cosiddetto Piano Casa (…) mentre nella relazione tecnica viene fatto riferimento all’art. 3 della stessa legge, due riferimenti tra loro incompatibili in quanto nell’art. 2 si tratta di un ampliamento che può essere effettuato con una SCIA in alternativa al permesso di costruire, mentre nell’art. 3 si parla di demolizione e ricostruzione e richiede un permesso di costruire. Sotto un profilo strettamente edilizio/urbanistico appare ragionevole che l’intervento avrebbe potuto essere eseguito ai sensi dell’art.2 della L.R. 14/2009 e s.m.i. ,il quale prevede un intervento di ampliamento con dei “bonus”di incrementi volumetrici in relazione al miglioramento dell’efficienza energetica dell’edificio, ma la tipologia edilizia avrebbe dovuto rispettare la tipologia di zona cosa che dal progetto non risulta definendosi linee particolarmente moderne e del tutto estranee alla tipologia rurale della zona (…) Si evidenzia come al 14.07.2020 l’intervento fisico di edificazione non era ancora iniziato”.
(3.1, pag. 8/9)

Dalla Relazione del Perito del Tribunale geom. Baldachini

Quanto al presupposto del rispetto integrale della tipologia originaria, in ossequio al vincolo ambientale-paesaggistico, ai sensi dell’art.44 della legge n. 11 del 2004 (che non sarebbe stato rispettato secondo il C.T. della Procura), ha chiarito il Perito che si tratta di una valutazione di carattere soggettivo, per la quale non vi sono parametri predeterminati; e, poiché è necessaria l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica dell’Ente preposto alla tutela del vincolo e della Sopraintendenza, è a tali enti che è demandata la verifica dell’effettiva compatibilità ambientale”.
(3.3, pag. 11)
“Dal punto di vista “formale” si rileva, in effetti, una anomalia procedimentale
nell’accettazione della sospensione e riattivazione della SCIA oltre il termine dei 30
gg. Non prevista dalla normativa di settore vigente (DPR n.380/01 e s.m.i.). Tale anomalia risulta tuttavia “non sostanziale”, in quanto la pratica di SCIA alternativa al
P.d.C. risulta essere stata successivamente “conformata” alla normativa urbanistico- edilizia, in vigenza comunque della norma sul “Piano Casa regionale”, attraverso puntuali integrazioni documentali richieste a più riprese dal Comune, ancorchè oltre i termini di legge”.
(3.4, pag 12/13)

Dalle conclusioni del Tribunale

Lo stesso c.t. della Procura ha, in effetti, riconosciuto, nelle proprie conclusioni che “sotto un profilo strettamente edilizio/urbanistico appare ragionevole che l’intervento avrebbe potuto essere eseguito ai sensi dell’art. 2 della LR 14/2009 e smi” pur evidenziando che la tipologia edilizia avrebbe dovuto rispettare quella della zona, risultando, al contrario, caratterizzata da linee particolarmente moderne ed estranee alla tipologia rurale della zona. In relazione a tale ultimo aspetto, pure considerato ai fini dell’imputazione, va evidenziato che, se da un lato, in base alla circolare n.2 del 15.1.2019, il concetto di “tipologia originaria”, richiamato dall’art. 44 cit. è da intendersi riferito alle “forme tradizionali locali dell’edilizia rurale” e al “contesto insediativo in cui tali edifici si inseriscono”, dall’altro lato si tratta di definizione elastica o, comunque, non assistita da criteri predeterminati (…) e, in ogni caso, “superata” dall’autorizzazione paesaggistica emanata dagli enti a ciò deputati. [tanto che la soluzione progettuale era stata modificata dopo una richiesta di rivisitazione dell’organizzazione prospettica dell’edificio da parte dell’Ente Parco dei Colli Euganei (vedi i punti da (ii) a (v) sub 3.2.)]
(4, pag. 16)

Un esempio inequivocabile

Riteniamo significativo, anche a proposito delle conclusioni del Tribunale di cui sopra, proporre un confronto del caso illustrato con un altro caso pressochè contemporaneo, pure di “demolizione e ricostruzione” di un fabbricato unifamiliare, dal quale emerge inequivocabilmente il ruolo che Soprintendenza e Parco, bocciando l’intervento proposto, attribuiscono alla “tipologia edilizia” nelle costruzioni in area parco vincolata. Alleghiamo a tale scopo una dettagliata sentenza del TAR Veneto del 28.11.2024 che avalla la decisione di Parco e Soprintendenza. Mettiamo peraltro in rilievo come oltretutto questo caso si riferisce a un intervento localizzato a Este, non lontano da Calaone, in un ambito urbano paesaggisticamente certo meno significativo di quello collinare.
Si allega una foto (foto 5) e si riportano qui di seguito 2 passaggi della sentenza. Con la foto 6 si mette in evidenza il contesto ambientale-paesaggistico del caso di Calaone rispetto a quello di Este.

Il primo , da pag. 4 della sentenza

“In sintesi, la Soprintendenza, [il 4.3.2024] “pur ribadendo la percorribilità di un’ipotesi di intervento sull’esistente edificio, [ha rilevato] come l’aggiornata proposta, pur operando una semplificazione delle scelte prospettiche originarie, proponga soluzioni che complessivamente decontestualizzano ed isolano il nuovo edificio rispetto all’omogeneo tessuto insediativo di appartenenza”; ha quindi aggiunto che il “provvedimento di tutela riconosce, per l’area di notevole interesse pubblico, la valenza di ‘un complesso paesaggistico unitario che occorre considerare nella sua interezza’ poiché unitariamente percepito mediante le visuali panoramiche promosse dalla viabilità”. [il conseguente provvedimento di diniego da parte del Parco è del successivo 13.3.2024]

Il secondo , da pag. 7 della sentenza

In tale senso viene ribadita [dalla Soprintendenza] la necessità che le trasformazioni di progetto si attuino mediante un approccio maggiormente semplificato ed omogeneo dal punto di vista delle scelte stilistiche e una progettazione che tenga in debita considerazione l’elevata percepibilità dell’intervento e la necessaria integrazione con le complessive qualità dell’ambito coinvolto nel quale l’edificio deve essere assorbito”.

NORME DI ATTUAZIONE Piano Ambientale
Art. 25 – Insediamenti agricoli
c.1 – Il PA disciplina gli interventi per l’adeguamento e il miglioramento della residenzialità rurale sulla base del recupero, il riuso, la ristrutturazione e l’eventuale ampliamento degli insediamenti esistenti, nel rispetto delle caratteristiche del paesaggio agrario, dei caratteri tipologici degli edifici e delle modalità localizzative degli insediamenti preesistenti […]
c.2 (P) – Le modalità d’intervento di recupero, ampliamento e nuova edificazione, sono definite dagli strumenti urbanistici locali nel rispetto dei seguenti indirizzi ai quali i Comuni adeguano i propri strumenti urbanistici:
a)le caratteristiche tipologiche dell’edificio debbono essere in armonia con le forme tradizionali dell’edilizia rurale […]
c.4 (P) Le nuove costruzioni a fini agricoli o agrituristici, ammesse in base agli strumenti urbanistici locali, debbono comunque rispettare le seguenti prescrizioni costruttive e ulteriori prescrizioni del Regolamento del Parco:
[…]
b) i materiali e i caratteri tipologici e costruttivi devono essere adeguati alle preesistenze tradizionali limitrofe, con particolare riguardo alle pendenze, agli sporti e all’articolazione delle falde dei tetti, all’utilizzo dei materiali di facciata e di copertura, che devono risultare omogenei e con esclusione di rivestimenti ceramici, in legno o materiali lapidei estranei alle tradizioni locali nonché di trattamenti o colori che facciano emergere l’edificio dal contesto.

Art. 33 – Aree di specifico interesse paesistico

c. 3 (P) – Nei paesaggi agrari di specifico interesse, in quanto tali individuati nella tavola di piano, gli interventi trasformativi edilizi, infrastrutturali ed agroforestali devono essere orientati al mantenimento e alla valorizzazione della varietà, della ricchezza e della riconoscibilità dei caratteri permanenti e delle regole morfogenetiche che sono alla base della loro specificità. Ciò comporta che le nuove edificazioni dovranno essere realizzate in modo tale da relazionarsi organicamente e funzionalmente con l’esistente per costituire un unico aggregato edilizio.

Monselice, 7 luglio 2025

Christianne Bergamin Maurizio Fassanelli

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