Recensione del saggio “Le tre ghinee”di Virginia Woolf

Pubblicato nel 1938, “Le tre ghinee” sviluppa l’idea dell’autrice sul rapporto tra la guerra e la subalterna condizione delle donne, ponendo in evidenza l’importanza dell’accesso all’istruzione e al lavoro adeguatamente retribuito in grado di garantire loro l’indipendenza personale, quindi la facoltà di decidere per se stesse. Recensione a cura di Martina Magon

La seconda guerra mondiale stava per diventare una dolorosa realtà e in Inghilterra si stavano moltiplicando le iniziative contro il fascismo, in favore della pace e della libertà: comitati, convegni, lettere pubbliche, sottoscrizioni, conferenze, …

Virginia Woolf, le cui simpatie andavano al partito progressista, concordava con gli scopi generali di quelle iniziative ma, quando le capitava di aderirvi, ne traeva l’impressione di sforzi inefficaci e vuoti.

Notava, nitidamente e con sconforto, i limiti dell’antifascismo inglese, ispirato all’amore per una patria imperialista e i limiti dei gruppi politici che sembravano scoprire la parità dei sessi solo in tempo di guerra, predicando l’emancipazione o le virtù domestiche a seconda della congiuntura politico-economica o, più banalmente, quando c’era da guadagnare consensi.

Inoltre, l’opinione di un amico scrittore promotore di un comitato per iniziative antifasciste denigrava il contributo politico delle donne che non vi sarebbero state ammesse poiché rappresentavano un elemento di disturbo. L’amica per lui era un’eccezione ma questo privilegio che la distingueva dalle altre non la interessava, anzi la infastidiva, e volle approfondire le motivazioni di questa svilente e diffusa opinione sul genere femminile.

Pubblicato nel 1938, “Le tre ghinee” sviluppa l’idea dell’autrice sul rapporto tra la guerra e la subalterna condizione delle donne, ponendo in evidenza l’importanza dell’accesso all’istruzione e al lavoro adeguatamente retribuito in grado di garantire loro l’indipendenza personale, quindi la facoltà di decidere per se stesse.

Virginia Woolf immagina di rispondere a tre lettere ricevute rispettivamente

dal tesoriere onorario di un’associazione antifascista,

dalla tesoriera onoraria per la ricostruzione di un college femminile e

dalla tesoriera onoraria di un’associazione che si occupa di aiutare le donne ad accedere alle libere professioni. 

Tutti e tre le chiedono una donazione per sostenere le proprie associazioni.

Tre sono le ghinee che immagina di donare, una a ciascuna causa che si rivelerà essere la stessa affrontata in modi diversi ma interconnessi e ugualmente essenziali.

Tre i capitoli del saggio nel quale argomenterà le risposte alle lettere.

Si rivolge in particolare all’avvocato dell’associazione antifascista poiché è lui a porle la domanda “Cosa, secondo Lei, si deve fare per prevenire la guerra?”

Inoltre, la sua attenzione si focalizza sulla classe borghese ed in particolare sulla storia e la vita delle sue donne, da lei definite “le figlie degli uomini colti”, è una di loro ed è del tutto convinta che la classe colta abbia un profondo bisogno di miglioramento.

“Gli appartenenti alla classe colta (e sono molti) che rinunciano alle qualità stesse che la cultura avrebbe dovuto far loro acquisire – raziocinio, tolleranza, comprensione – e giocano a fare i proletari sposandone la causa, non fanno che esporre quella causa al ridicolo, senza far nulla per migliorare la propria classe. […] Nel frattempo sarebbe interessante sapere cosa pensano i veri proletari dei signorini e delle signorine della borghesia che adottano la causa del proletariato senza sacrificare il capitale borghese e condividere l’esperienza proletaria”.

Una ghinea per il college femminile

L’autrice ragiona sul perché l’educazione, fin dal passato, rende chi la riceve a favore della guerra.

Le motivazioni maschili traggono origine dal patriottismo e dal sistema educativo e sociale che dà largo spazio alla competizione, a gerarchie e privilegi. Fattori che creano terreno fertile per nutrire gli istinti bellicosi.

La donna borghese, nonostante l’esclusione e l’isolamento sociale che ha subito per secoli dalla stessa classe colta a cui appartiene, almeno in apparenza, ne accetta le regole.

“Era obbligata a usare tutta la sua influenza per tenere in piedi il sistema che le forniva servitù, carrozze, bei vestiti, ricevimenti”. Mezzi per arrivare ad un matrimonio conveniente, principale occupazione delle figlie degli uomini colti fino al 1919 circa, anno in cui fu loro concessa l’ammissione alle libere professioni, quindi la possibilità di diventare economicamente indipendenti dalla propria famiglia.

“Doveva usare tutte le sue attrattive per adulare e blandire l’uomo d’affari, l’uomo d’armi, l’uomo di legge, l’ambasciatore, il ministro, … Doveva accettare i loro punti di vista e assecondare i loro dettami perché solo così poteva indurli a concederle i mezzi per sposarsi o sposarla”.

Infine, era favorevole alla guerra poiché, in quel frangente, rendendosi disponibile a servire la patria ebbe l’agognata opportunità di uscire di casa, fonte di forti limitazioni all’espressione della propria personalità. La ragazza doveva condurvi un’esistenza funzionale al matrimonio o, comunque, ossequiosa di una mentalità troppo spesso patriarcale.

Ecco, quindi, perché una ghinea viene donata al college femminile, “che con tutte le sue carenze, costituisce l’unica alternativa alla casa paterna” nella speranza che venga usata nel modo migliore possibile data la realtà dei fatti e con l’augurio che, in futuro, vi si potrà proporre un’educazione innovativa, diversa, più giusta.

Dato che la storia e le biografie sembrano dimostrare che la vecchia istruzione impartita nei vecchi colleges non genera né particolare rispetto per la libertà, né particolare odio per la guerra, è chiaro che il suo college va ricostruito su diverse basi.

Dovrà essere un college “non di pietra scolpita o di vetri istoriati” e “non impacchettato in tristi ordini di ricchi e poveri, di intelligenti e stupidi ma dove tutti i diversi gradi e tipi di valore della mente, del corpo e dell’anima possono esprimersi e integrarsi”.

V. Woolf sa bene che questa sua visione innovatrice deve fare i conti con la realtà:

“Alle ragazze bisogna insegnare a guadagnarsi da vivere. E siccome questa realtà significa ricostruire il college sulle stesse basi degli altri,di conseguenza anche il college femminile dovrà fare in modo che la Ricerca dia risultati pratici e meritarsi lasciti e donazioni da parte dei capitalisti;

dovrà incoraggiare la competitività; accettare titoli accademici e toghe variopinte; accumulare grandi ricchezze da cui escludere tutti gli altri e quindi, di qui a cinquecento anni, anche quel college dovrà rivolgere la stessa domanda che Lei, Signore, ci sta rivolgendo oggi:

Come, secondo Lei, si deve fare per prevenire la guerra? […]

La nostra influenza, in quanto siamo fuori dalle istituzioni, potrà essere solo di tipo molto indiretto.”

“Ma tutto questo non ci deve far dimenticare che, nell’attuale stato di cose, la maniera più efficace per prevenire la guerra attraverso l’istruzione, è contribuire il più generosamente possibile ai colleges femminili. […] Perché se queste donne non riceveranno un’istruzione universitaria non potranno guadagnarsi da vivere e ritorneranno a dipendere dai loro padri e fratelli.

Nel primo capitolo, veniamo a conoscenza del fatto che le donne borghesi generalmente ricevevano un’istruzione casalinga essenzialmente gratuita e un assegno annuale irrisorio.

La loro vita era molto più limitata di quella dei fratelli maschi ai quali era assicurata un’educazione decisamente più ricercata e costosa.

“Non è forse vero che le figlie degli uomini colti hanno versato nella Cassa per l’Educazione di Arthur”, il Fondo per l’educazione dei figli degli uomini colti,“dall’anno 1262 all’anno 1870 quasi tutto il denaro che sarebbe occorso per la loro educazione? […] E ora arriva la Sua lettera a informarle che tutta quell’enorme, favolosa somma – perché a contarla in moneta sonante e in sacrifici e rinunce, si tratta di una somma enorme – è stata sperperata o usata per le cose sbagliate.”

L’autrice consiglia di riflettere sulle ragioni per cui quelle scuole e università hanno fallito e, di conseguenza, su ciò che l’educazione dovrebbe essere per formare cittadini più consapevoli e a quali insegnamenti dare la priorità per costruire e mantenere una pace di valore.

La seconda ghinea per l’accesso alle libere professioni

Nel secondo capitolo scopriamo che per quanto dal 1919 le donne inglesi ebbero accesso alle libere professioni al pari degli uomini, nel 1938 le loro carriere come funzionarie statali non raggiungevano mai i vertici, rimanendo ai livelli più bassi. 

La nota scrittrice solleva anche il problema del lavoro di cura non retribuito in qualità di madri, mogli e figlie.

“Le biografie ci insegnano che le figlie degli uomini colti ricevettero un’istruzione gratuita e che le loro maestre furono la povertà, la castità, la derisione e la libertà da fittizi legami di fedeltà.

Ciò le rese adatte ad esercitare professioni non pagate. […] L’educazione non pagata deve aver avuto grandi virtù, oltre che gravi difetti, perché non si può negare che quelle donne, le nostre madri e nonne, se pure non istruite, erano tuttavia donne civili e dobbiamo pertanto ammettere che sarebbe sciocco non tenerne in conto i pregi” i quali ci aiutano a comprendere come riuscire ad intraprendere le libere professioni e tuttavia rimanere esseri umani civili che ripudiano la guerra.

L’abitudine alla povertà le agevolerà nell’accontentarsi del denaro sufficiente per sviluppare appieno il corpo e la mente.

La castità, non più quella del corpo ma quella della mente, le agevolerà nel rifiutare di svendere le proprie capacità intellettuali per denaro.

La derisione è in certi casi comunque preferibile alla fama e alla lode.

La libertà da fittizi legami di fedeltà verso il potere (patria, università, scuola, religione, famiglia, sesso, lavoro) le agevolerà poiché la donna, godendo di pochi privilegi, è meno irretita dal sistema che li crea e li nutre.

“Le figlie sono immuni, e non per loro merito, da certe costrizioni.

Difendere coi fatti, con il modo di vivere, e non con le idee soltanto, la cultura e la libertà di pensiero significa povertà e castità, ridicolo e oscurità.”

Poiché “siamo influenzati in modo diverso dalla memoria e dalla tradizione […] pur vedendo il medesimo mondo lo vediamo con occhi diversi.”

La terza ghinea per l’associazione antifascista

L’ultima ghinea viene data all’associazione antifascista a cui, però, la donatrice, decide di non aderire poiché “[…] il modo migliore di aiutarvi a prevenire la guerra non è di ripetere le vostre parole e di seguire i vostri metodi, ma di trovare nuove parole e inventare nuovi metodi. L’aiuto che vi possiamo dare sarà diverso e forse per la sua diversità potrà avere qualche valore.”

L’autrice propone la “Società delle estranee”, un’associazione pacifista formata da figlie di uomini colti operanti in clandestinità all’interno della propria classe.

La condizione di “estranea” di ogni appartenente all’associazione la porterà ad affermare:

“In quanto donna non ho patria. In quanto donna, la mia patria è il mondo intero”.

Virginia Woolf conclude sottolineando che “il mondo pubblico e quello privato sono inseparabilmente collegati” così come le tirannie e i servilismi dell’uno e dell’altro e che lottare contro l’oppressione dello stato fascista corrisponde a lottare contro l’oppressione dello stato patriarcale.

Le suffragette “combatterono non solo per i diritti delle donne ma per il diritto di tutti di vedere rispettati nella propria persona i grandi principi della Giustizia, dell’Uguaglianza e della Libertà. […] È la stessa lotta che conduce lei. Combattevano il medesimo nemico per i medesimi motivi.”

2 commenti su “Recensione del saggio “Le tre ghinee”di Virginia Woolf”

  1. Stupenda! La profondità e chiarezza espositiva dell’autrice, accompagnate da valutazioni e argomentazioni di apprezzato spessore culurale, consentono al lettore di vivere un’esperienza significativa di contenuti ed emozioni. Bravissima!👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻

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