Siccità e cambiamenti climatici

Alcuni esponenti locali dell’ambientalismo, affrontano il tema della siccità e dei provvedimenti governativi, riportando in evidenza la drammaticità degli effetti prodotti dai cambiamenti climatici.

In questo periodo di siccità perdurante si affollano le proposte di mitigazione/soluzione del problema: vorremmo proporre anche il nostro punto di vista, quale contributo alla soluzione delle sue cause, affinché non si ragioni unicamente sugli effetti.

Per decenni in Italia sono state eliminate le golene e rettificati i corsi d’acqua, cioè si è eliminato il loro naturale andamento curvilineo, raddrizzandoli (e quindi perdendo una importante capacità d’invaso idrico), alfine di consentire all’acqua di correre via veloce (tra l’altro, a parità di dislivello tra la sorgente e la foce, la riduzione della lunghezza del corso d’acqua ha comportato un aumento della pendenza dello stesso con ulteriore aumento della velocità dell’acqua, riducendo ulteriormente il tempo in cui essa rimaneva all’interno del corpo idrico e quindi riducendo il tempo in cui essa poteva essere utilizzata a fini irrigui o diversi).

A fronte del pensiero dominante (che l’acqua dovesse essere smaltita velocemente in quanto un pericolo), chi, come gli ambientalisti, diceva che invece l’acqua doveva permanere perché è un bene prezioso, veniva irriso (forse era solo l’opinione di persone più lungimiranti che erano in grado di prevedere cosa sarebbe successo di lì a qualche anno a seguito dei cambiamenti climatici). Ora si parla di realizzare delle vasche di laminazione (per contenere delle portate di piena che ormai sono sempre più rare, nel bene e nel male), quando per anni si sono eliminate le golene che svolgevano lo stesso ruolo.

Il ministro dell’ambiente Pichetto Fratin ha recentemente lamentato il fatto che in Italia si riesce a raccogliere solo il 10% dell’acqua piovana (a fronte, ad esempio, della Spagna che ne raccoglie il 37%), rilanciando il progetto di aumentare la capacità d’invaso del nostro territorio.

A dargli manforte un suo collega ministro che lamenta l’assurdità del rispetto del “deflusso ecologico” (un tempo detto “minimo deflusso vitale”, cioè la quantità d’acqua che deve rimanere nei corpi idrici, dopo un uso, al fine di garantire la vita delle comunità ecologiche che vi vivono), ignorando che deriva da una norma UE e che pertanto è legge anche in Italia (e che il mantenimento di tali comunità è premessa alla capacità autodepurativa dei corpi idrici, che a sua volta è premessa per il raggiungimento degli obiettivi di qualità imposti dalla direttiva acque 2000/60/CE, rispetto alla quale l’Italia risulta inadempiente; inoltre servirebbe ricordargli che irrigare le colture agricole con acqua putrida, conseguenza della riduzione di portata a valle, non è poi il massimo auspicabile dal punto di vista sanitario).

Lo stesso ministro lamenta che il fatto che dighe e ponti in Italia non si costruirebbero per l’opposizione di quanti vogliono tutelare le lontre, ignorando che purtroppo le lontre sono pressoché scomparse dai bacini idrici italiani (quindi non possono essere prese a pretesto per giustificare lo stop ai lavori) perché hanno il difetto di gradire acque pulite (che in Italia latitano)!

Per risolvere il problema della carenza idrica, da più parti, si auspica la pulizia degli invasi alpini e la realizzazione di nuovi invasi anche in pianura (dimenticando, tra l’altro, quanto sia stato osteggiato l’obbligo della realizzazione di bacini ai fini “dell’invarianza idraulica”). A fronte di tali proposte alcune domande non possono essere eluse.

Bacini/invasi alpini pieni di detriti che ne riducono la capacità d’invaso: si tolgano pure i detriti, ma se con essi i bacini sono pieni a metà, togliendoli, i bacini risulteranno pieni ad un quarto e se mancano le precipitazioni a poco servirà tale operazione per riempirli.

Invasi in pianura: anche in questo caso non è chiaro se verranno riempiti con l’acqua del Po in secca in inverno o con l’acqua del Po in secca in estate? I laghi italiani, bacini naturali dei nostri fiumi alpini (e non), sono da tempo in grave sofferenza idrica, non sarebbe sufficiente attendere che si riempiano, o agevolare il loro riempimento, per evitare di realizzare bacini ex novo e utilizzare i fondi relativi risparmiati per altri interventi coadiuvanti (riduzione delle perdite degli acquedotti, irrigazione di precisione in agricoltura, incentivazione all’uso idrico a ciclo chiuso nell’industria, ecc)? Oppure, o in sinergia, utilizzare allo stesso scopo la rete idrografica minore (scoli minori, fossati interpoderali, ecc) che risultano in secca da tempo immemore, ottenendo allo stesso tempo di avere l’acqua già a ridosso delle coltivazioni, risparmiando i soldi di nuovi invasi? Oppure investire risorse per ricaricare la falda, considerato che in pianura, essa svolge lo stesso ruolo degli invasi?

Creare bacini ampi e necessariamente poco profondi, che saranno soggetti a forte evaporazione in estate, cioè quando l’acqua servirà, non potranno che dare contributi idrici trascurabili in relazione al fabbisogno, a fronte di un elevato dispendio di aree agricole coltivabili e a fronte di un rapporto costo-benefici molto elevato.

A queste domande, ogni cittadino, attende risposta.

Ma senza dedicare la nostra attenzione agli effetti del problema e non alla sua causa (cambiamenti climatici), faremo un’operazione poco lungimirante: se non piove a causa dei cambiamenti climatici, servirà a poco realizzare invasi che rischiano di rimanere desolatamente vuoti.

Al contrasto dei cambiamenti climatici dovremo dedicare principalmente la nostra attenzione e risorse, in quanto essi sono la causa prima di questa drammatica siccità, ma rivendicare come un successo italiano il blocco allo stop ai veicoli a motore termico entro il 2035, veicoli che oltre ad essere concausa del riscaldamento globale, sono anche concausa dell’inquinamento atmosferico (ossidi di azoto, polveri sottili, idrocarburi policiclici aromatici, ecc che provocano ogni anno decine di migliaia di morti in Italia), sicuramente non è un buon viatico.

Di questo dovrebbero prendere atto quanti oggi, agricoltori, politici e cittadini lamentano i danni causati dalla siccità.

Francesco Montecchio – Associazione “Progetto GAIA” – OdV

Francesco Miazzi – Comitato Popolare “Lasciateci respirare”

Diego Boscarolo – consigliere Consorzio di bonifica Adige – Euganeo

Flores Baccini – Circolo Legambiente di Este

Mimina Pavan, Michelina Rossi – Italia Nostra sezione di Este

Beatrice Andreose – L’altra Este

Christianne Bergamin – Comunità Parco Regionale dei Colli Euganei

Gianni Sandon – ex Consigliere Parco Regionale dei Colli Euganei

Giulio Piras – LIPU Padova

Un commento su “Siccità e cambiamenti climatici”

  1. Interessanti proposte mirano ad utilizzare ciò che già c’è (laghi, fossati, falda, rete idrografica minore) e interventi coadiuvanti.

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