Nei nostri territori sta emergendo, in tutta la sua gravità, l’inquinamento della acque superficiali e di falda dovuto alle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS). Un inquinamento che coinvolge le provincie di Vicenza, Verona e Padova.
Di questo si parlerà al Convegno di Cologna Veneta il 17 dicembre.
Ortaggi, uova, carni bovine e pesci contaminati da PFAS in Veneto, sono i primi risultati delle analisi del monitoraggio che confermano la diffusione e la presenza di sostanze chimiche perfluoroalchiliche nei territori di tutte e cinque le unità sanitarie oggetto dell’indagine.
Il campionamento che ha interessato alimenti nei territori delle ULSS n.5-Ovest Vicentino, ULSS n.6- Vicentino, ULSS n.17-Monselice, ULSS n.20Verona e ULSS n.21-Legnago. L’indagine, conclusa a giugno del 2015, conferma la diffusione in tutte le matrici alimentari.
L’Istituto Superiore di Sanità riconosce le sostanze chimiche perfluoroalchiliche come interferenti endocrini e riconosce la probabile correlazione tra l’esposizione a detti inquinanti e l’insorgenza di patologie gravi quali: tumori, disfunzione della tiroide, ipertensione della gravidanza, aumento del colesterolo.
I PFAS vengono usati in alcuni cicli produttivi: per rendere impermeabili superfici, produrre schiume per gli estintori, cera per pavimenti, teflon per pentolame e goretex per gli indumenti. Secondo l’ARPAV di Vicenza (indagine prot.0075059/00.00 del 11/07/2013) la fonte principale d’inquinamento da PFAS proviene dalla Miteni spa di Trissino (VI), ex Rimar, uno stabilimento chimico che, sin dagli anni sessanta, produce composti fluorurati.
In Veneto l’area colpita da tale inquinamento copre le province di Vicenza, Verona e Padova per 150 kmq di superficie e una popolazione potenzialmente coinvolta di 300.000 abitanti. Ben 30 comuni della zona hanno dovuto installare un oneroso sistema di filtrazione a carboni attivi e la Regione veneto, per lo stesso territorio, ha emesso un’ordinanza che impone il divieto di utilizzo di pozzi privati per uso alimentare o irriguo se non sono rispettati gli stessi limiti previsti per l’acqua dell’acquedotto.
La scoperta dell’inquinamento è dovuta ad uno studio, commissionato nel 2011 dal Ministero dell’Ambiente (MATTM) al CNR, che il 25/03/2013 rilevava: “nel bacino Agno e Fratta Gorzone anche a monte dello scarico del collettore ARICA, sono state misurate concentrazioni di PFOA molto elevate, spesso superiori a 1000 ng/litro (…) possibile rischio sanitario per le popolazioni che bevono queste acque, prelevate dalla falda”.
Nel 2014 il Coordinamento Acqua Libera dai PFAS deposita un esposto denuncia contro ignoti alle Procure della Repubblica di Vicenza e Verona per ”sversamento di sostanze perfluoroalchiliche nelle acque di falda, al suolo e nel sistema fognario, con conseguente inquinamento delle risorse idriche e ipotesi delittuosa di disastro ambientale, considerata la vastità dell’area interessata dal fenomeno”.
Viene richiesta, inoltre, l’adozione di un provvedimento di sequestro preventivo degli impianti di scarico della Mitani Spa, dei pozzi artesiani a valle dell’impianto e del collettore ARICA in Cologna Veneta; richiesta suffragata da una perizia del Dott. Vincenzo Cordiano, presidente di ISDE Vicenza, che attesta la pericolosità dell’esposizione ai PFAS.
Il 26/02/2015 nel corso di un’assemblea pubblica a Cologna Veneta viene presentato lo “Studio preliminare sui possibili effetti sulla salute dell’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle province di Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Vicenza e Verona” redatto dalla Dott.ssa Marina Mastroantonio dell’ENEA, dal Dott. Edoardo Bai del Comitato Scentifico di Legambiente e socio di ISDE e dal Dott. Paolo Crosignani, già direttore della UO Complessa di Epidemiologia Ambientale e Registro Tumori dell’Istituto Tumori di Milano.
Le conclusioni dello studio sono inequivocabili: “i dati sono fortemente indicativi di un rischio cancerogeno ed altre malattie (…) è necessario ridurre al minimo l’esposizione della popolazione mediante provvedimenti sull’acqua potabile e sulle emissioni in aria dell’azienda (…): Poichè sono stati rilevati eccessi di cancro tra gli addetti alla produzione di PFAS, uno studio sul rischio di questi lavori è necessario”.
ARPAV segnala inoltre come le barriere idrauliche, poste in essere dalla Miteni Spa, non riducono significativamente gli inquinanti a valle della barriera stessa.
Per questi motivi, dopo aver sottolineato ancora una volta l’importanza dell’azione dei comitati di cittadini nel denunciare le criticità ambientali e nel fermare il degrado dei nostri territori, non possiamo che condividere gli obiettivi posti da Legambiente e dal Coordinamento Acqua Libera da PFAS:
- spingere la Regione Veneto a realizzare uno studio approfondito sulla popolazione esposta all’inquinamento da PFAS;
- chiedere alla Regione Veneto di ricercare altre fonti di approvvigionamento per gli acquedotti inquinati e una maggiore prevenzione e tutela delle fonti idriche;
- richiedere alla Regione e alle amministrazioni locali interessate dal problema la costituzione in giudizio nei confronti degli inquinatori.
Comitato Popolare “Lasciateci Respirare” di Monselice e Comitato “2 SI Acqua Bene Comune” della Bassa Padovana
Fonti e articoli utilizzati per questo intervento e dov’è possibile approfondire l’argomento:
http://acqualiberadaipfas.blogspot.it/
http://ecopolis.legambientepadova.it/?p=10114
www.nopops.it (su questo sito è attivo il sondaggio “Indagine epidemiologica sulle malattie da inquinati ambientali in Veneto” http://www.nopops.it/indagine-epidemiologica-on-line-sulle-malattia-da-inquinanti-ambientali-persistenti/ al quale possono partecipare a tutti, grandi e piccini, sani e ammalati. Si può rispondere al sondaggio anche stando comodamente seduti a casa, e lo si può fare anche per amici e parenti al telefono, una volta registratosi come intervistatori e aver avuto l’approvazione).