Si è mai vista una amministrazione pubblica che inizia il suo mandato senza uno straccio di programma con cui presentarsi ai cittadini? E’ quello che sta avvenendo con un Ente come il Parco dei Colli Euganei, che più di altri dovrebbe curare, e non per puro formalismo, questo aspetto. Utile se non altro per favorire informazione e confronto. L’intervento di Gianni Sandon
E’ credibile in queste condizioni deviare l’attenzione sul riconoscimento Unesco? Strategia tanto più dubbia se si riflette sullo stato di salute del Parco.
Veniamo da un periodo di oltre 10 anni che sul funzionamento e sulla credibilità dell’Ente ha prodotto guasti profondi. Iniziato nel 2010/2011 dalla stessa Regione che col pretesto della crisi mondiale ha infierito sui suoi pochi parchi, in particolare proprio quello dei Colli, tagliando fondi, cancellando la figura del direttore e aggiungendo una micidiale proposta di legge, tenuta ostinatamente in discussione per oltre 5 anni, finalizzata a togliere ai parchi stessi ogni competenza su paesaggio, ambiente, disciplina del territorio e lasciando solo quella sulla “natura” (e non certo per amore della “natura”!).
Come non bastasse si sono aggiunti un pretestuoso, lunghissimo, devitalizzante commissariamento (dal 2016 al 2019), nonché uno scomposto assalto agli stessi confini del Parco, assalto guidato dal consigliere Berlato ma supportato confusamente dalla stessa Giunta e le cui conseguenze non sono ancora superate (vedasi il “buco” di Galzignano).
Il riavvio nel 2019, dopo quasi un decennio di questi veri e propri sabotaggi è stato surreale: può essere definita diversamente l’amministrazione Campagnolo? Che almeno era destinata a durare poco. La nuova amministrazione, insediata nell’aprile scorso, ha invece una prospettiva di 5 anni. Come è possibile che si presenti senza un programma? Con l’aggravante che il nuovo Comitato Esecutivo è stato imposto per 3/5 da Presidente e Giunta regionale, a loro completa discrezione. Scelta peraltro che ha confermato l’ostilità della Regione per il parco vista la nomina come presidente di un sindaco che ha addirittura chiesto di far uscire dal Parco metà del suo territorio comunale (Galzignano, col “buco” di cui sopra).
Ma quanti non sono i problemi aperti sui quali sarebbe d’obbligo che chi dirige il Parco facesse almeno conoscere il suo orientamento? Come si intende gestire il Piano Ambientale, lo strumento cardine del Parco? Dopo le tante campagne di detrazione, se non di demonizzazione, lo si considera ancora valido o no? Quali aspetti, se ci sono, si intendono valorizzare? Quali progetti, tra i tanti proposti, si ritengono degni di essere attuati? Ma è disonorevole far conoscere le proprie idee in proposito?
E cosa intende fare l’Ente per affrontare la situazione sempre più grave dei sentieri? Dovrebbero essere il fiore all’occhiello di un’area protetta e sono invece in balia a un degrado crescente. Ma tutte le aree boschive sono solcate da una ragnatela sempre più fitta di artificiali percorsi abusivi, palestra solo per acrobatiche esibizioni fine a se stesse di mezzi fuoristrada di tutti i tipi.
Per i quali boschi non si capisce neanche più in che termini vengono gestiti. Che ne è del “progetto boschi” del 2001? E quali sono i risultati della fine della gestione diretta degli interventi da parte del Parco attraverso proprio personale, obiettivo per il quale il Parco stesso aveva fatto memorabili rivendicazioni nei confronti della Regione? Tutto pare dipendere ora, e fosse almeno chiaro, proprio dalla Regione (tanto per cambiare).
E sugli “habitat”, con la direttiva europea di 30 anni fa? Cosa si intende fare quantomeno per far conoscere le cosiddette “misure di conservazione” in vigore: inutile cercarle nel sito del Parco.
E che ne è del progetto vegri promesso?
E su un problema storico come quello delle cave? Il Parco sembra quasi infastidito dal ricordare la legge che 50 anni fa le ha fermate.
Che orientamento ha sulle cementerie (quella ancora aperta e sulle 2 chiuse)?
E sulle ultime cave di trachite che tra meno di 2 anni cesseranno definitivamente l’attività? E sul tipo di “recupero” delle cave dismesse fonte spesso di discutibili operazioni?
Magari fosse finita qui. Almeno un’ultima ma vitale osservazione, sulle autorizzazioni paesaggistiche. Il Parco le gestisce da più di 30 anni. Cioè da più di 30 anni ha il termometro di tutti gli interventi su tutta l’area del Parco. Perchè non farlo diventare uno strumento di crescita per tutti (cittadini, professionisti, amministratori, e territorio) informando periodicamente su numero e qualità degli interventi e discutendo sui tanti problemi collegati? Non sarebbe meglio che affidarsi solo a slogan e commenti disinformati, magari finalizzati a sobillare i residenti?
Su tutti questi temi, e tanti altri, non sono certo mancate idee e proposte. Pressoché tutte, specialmente negli ultimi tempi, ignorate o peggio snobbate.
No, in queste condizioni al giochino dell’Unesco io non ci sto. E spero che non si facciano incantare neanche le associazioni ambientaliste, almeno loro!
Novembre 2021
Gianni Sandon – ex consigliere del Parco
N.d.R. la foto è di Manuel Favaro